La conferenza
di BRUNO SEGRE, viene introdotta dal Presidente del “Gruppo
senza sede” Cinzia Vanni e dal giornalista di “ Repubblica”
Massimo Novelli, delineandone gli argomenti, legati alla
promulgazione delle leggi razziali fasciste nel 1938.
L’avvocato
Segre, con voce ferma, ricorda il vissuto di quel triste
periodo, che ha segnato per sempre la sua vita e quella del
popolo ebraico, non con un lugubre elenco di persecuzioni
subite, ma spaziando e discorrendo di situazioni gravi, a volte
grottesche, con lucida serenità.
(n.d.r.: le
situazioni grottesche sono il cacio sui maccheroni delle
dittature, quella nazifascista seppe dare il meglio).
Negli anni
del regime, Segre ed il socialista Casalini sono i fondatori del
giornale : “L’igiene e la vita” il solo dove si criticano, come
non serie e cervellotiche, le argomentazioni sulla purezza della
razza italiana, che è invece un miscuglio di razze in seguito
alle invasioni ed occupazioni di popoli di diverse etnie.
Segre ricorda
la fondazione nel 1949 del mensile “L’incontro” e la difesa dei
diritti degli obiettori di coscienza, come Pietro Pinna, il
primo obiettore da lui difeso in Tribunale a Torino, ha parole
di rimpianto per amici, che con lui hanno intrapreso battaglie
in difesa dei diritti umani e del libero confronto di diverse
opinioni, come l’onorevole avvocato Umberto Calosso ,
socialista astigiano, il quale esordì in tribunale dicendo
“Presidente, sono venuto ad insegnarle a non perdere la terza
guerra mondiale”.
A Calosso capitò anche di
difendere l’onore di un napoletano che aveva “ prestato” la
moglie per lo ius primae noctis, in cambio di 10.000 lire, che
poi scoprì essere false. Difese i giornalisti De Benedetti e
Monelli, dalle accuse del fascista Giovanni Durando, con
un’arringa che iniziava: “Signor Durando, lei non è un uomo, è
solo un gerundio”. Per le sue battaglie contro il regime,
Calosso patì l’esilio in Egitto, a Malta ed a Londra, portando
la voce dell’antifascismo italiano alle trasmissioni di Radio
Londra.
Massimo
Novelli fa cenno al carcere e Segre, ricorda l’inverno del ’42
come il più freddo del secolo, quando alle Nuove di Torino,
dov’era tenuto in isolamento, si scaldava soffiandosi sulle mani
il fumo delle sigarette. Riuscì ad uscirne dopo tre mesi, in
seguito ad un bombardamento che danneggiò le celle; si unì al
Comitato di Liberazione nazionale di cui faceva già parte la
sorella, facendo la spola tra Torino ed il cuneese munito di un
documento falso a nome di Bruno Serra. Durante una perquisizione
nello studio del padre, venne riconosciuto, cercò di fuggire e
gli vennero sparati alle spalle tre colpi di pistola, due si
conficcarono nel muro, il terzo lo colpì alla tasca posteriore
dei pantaloni e fu fermato da un portasigarette di metallo che
gli salvò la vita e che conserva gelosamente come portafortuna.
Fu nuovamente arrestato, condotto alla caserma di Asti ed alle
Nuove dove scontò altri due mesi, poi liberato grazie all’aiuto
di un avvocato che faceva il doppio gioco.
Quasi volendo
allontanare per un attimo quei ricordi, Bruno Segre parla
dell’Italia di oggi, dicendo che man mano sono venuti a mancare
nella politica quei personaggi di grossa personalità del
dopoguerra e, nella pubblica amministrazione, ha preso il
sopravvento uno scandalismo che lo lascia perplesso. La
scomparsa del proletariato e la parificazione hanno creato uno
scompenso ed uno scivolamento verso l’autoritarismo, oggi la
politica si fa a colpi di Decreti Legge che dovrebbero invece
essere legati solo ad eventi straordinari.
La sala
gremita, lo ascolta in commosso silenzio quando, riportandoci
indietro di settant’anni, legge il testo originale della Camera
dei Deputati, in cui sono minuziosamente elencati divieti ed
inumane regole con cui lo Stato bandì gli ebrei da ogni forma di
vita pubblica. Nei mesi successivi alla promulgazione molti, tra
cui il fratello di un suo zio, intuendo di non avere scampo, si
suicidarono.
Tra il ’38 ed
il ’42 le persecuzioni e le deportazioni segnarono
vergognosamente quelle pagine di storia che oggi, troppo spesso,
vengono considerate vecchie, superate e fastidiose e che proprio
con questa serata abbiamo inteso ricordare e tenere vive. Chi
come lui, con genitori di religione mista (padre ebreo – madre
cattolica) non venne deportato, si vide sbattere la porta in
faccia dai vicini e dagli amici, riuscendo con enormi sacrifici
a portare avanti gli studi.
Eppure solo
otto anni prima Benito Mussolini (che aveva un’amante ebrea:
Margherita Sarfatti), aveva proclamato :” Il fascismo è amico
degli ebrei”.
Sollecitato
su un confronto con i tempi attuali, Segre dice di non vedere
razzismo, ma solo una forte xenofobia contro chi ha commesso
gravi reati, ma che a suo parere, non ha nulla a che vedere col
razzismo.
Parla poi
delle sue conquiste professionali, della fondazione della LID
(lega italiana divorzio) e della collaborazione con Fortuna e
Baslini nella battaglia condotta da socialisti e liberali a
favore del divorzio, spiegando gli effetti giuridici dello
scioglimento del matrimonio civile, con la cessazione degli
effetti civili del matrimonio religioso. Ricorda gli scontri con
Padre Lombardi che si autodefiniva “la voce di Dio”, con il
lancio dal loggione del teatro Carignano di Torino, dove si
svolgeva un dibattito tra promotori ed oppositori , di
manifestini per proclamare il “Grido di dolore dei divorzisti
torinesi”.
Dopo
questi ricordi, rispondendo alle domande del pubblico, condanna
il comportamento di re Vittorio Emanuele III, il quale firmò
“di tutto” avvallando i comportamenti del regime fascista. In
quegli anni trapelò dal Quirinale, che all’indomani della marcia
su Roma, il ministro Facta avesse proposto al re di proclamare
lo stato d’assedio, ma De Vecchi ed i quadrunviri fascisti
avrebbero minacciato di spodestarlo, mettendo sul trono il Duca
D’Aosta. Pur di non perdere il potere, pensando più a se stesso
che al paese, il re cacciò Facta, consegnando il potere a
Mussolini, e mantenne una deprecabile condotta durante il
conflitto, culminata con la fuga.
Segue
un interessante scambio di opinioni sul laicismo dello stato, le
imposizioni della chiesa ed il silenzio di Papa Pio decimo
secondo quando, il 16 ottobre del ‘43, i tedeschi, per
rappresaglia, deportarono nei campi di sterminio donne vecchi e
bambini.
Segre ci
parla del dopoguerra e delle difficoltà degli ebrei italiani,
che prima delle persecuzioni erano perfettamente assimilati
nella società, a riprendere un’esistenza normale, infatti molti
tornarono in Israele a lavorare nei Kibbuz, seguendo il vecchio
sogno religioso sionista, diventando cittadini dalla doppia
nazionalità e molti emigrarono in Australia, specialmente da
Trieste.
L’incontro
volge al termine con un’ultima considerazione sulla politica
odierna di Israele che, secondo Segre, dovrebbe rinunciare
all’occupazione delle colonie mettendo fine ad una guerra
vergognosa come lo sono tutte le guerre.
Si chiude
così una serata in cui la testimonianza storica si intreccia al
presente, lascia ricordi tristi, ma il sorriso di questo
novantenne ci dice che le lotte per la verità, la giustizia ed
il rispetto umano, non sono mai combattute invano.
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